Parmigiano Reggiano e veganismo: i vegani lo possono mangiare?

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Sono sostanzialmente due gli aspetti collegati al Parmigiano Reggiano che, in base alle ideologie che ispirano il pensiero vegano, sono spesso oggetto di controversie:

  1. Impiego del caglio di origine animale per la lavorazione del latte;
  2. Benessere, alimentazione e salute delle bovine da latte. 

Prima di dedicarci all’analisi di questi due aspetti, ai fini della chiarezza, desideriamo soffermarci sulla descrizione del termine vegano.

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Cosa significa vegano o vegana

Vegano, o vegana, è la persona che sceglie consapevolmente di adottare uno stile di vita conforme al veganismo, filosofia che suggerisce, tra le altre cose, di nutrirsi di alimenti provenienti dal mondo vegetale, escludendo tutti (o in parte) gli alimenti di origine animale. Le origini del veganismo risalgono al 1847, anno in cui nella regione inglese del Kent venne fondata la Vegetarian Society. Fu proprio dalla parola “Vegetarian” presente nel nome della società che vennero prese le prime 3 e le ultime 2 lettere per coniare la parola vegano, poi esportata in tutto il mondo. Il veganismo racchiude tre principi che lavorano insieme, ovvero: filosofia, etica e stile di vita.

Chi accoglie e pratica la filosofia vegana sceglie consapevolmente e volontariamente di non partecipare allo sfruttamento e l'uccisione intenzionale degli animali, non come scopo finale ma come naturale conseguenza di una ideologia che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica su temi rilevanti quali l’ambiente, lo spreco smisurato delle risorse, l’eccessiva produzione di rifiuti, l’ecosistema e il suo naturale funzionamento. Da qui, scaturisce una profonda riflessione etica che intende definire i comportamenti giusti e sbagliati alla base di uno stile di vita coerente che tocca diverse sfere della vita quotidiana, dall’alimentazione, all’igiene e cura personale e domestica, alla cosmesi fino all’abbigliamento.

Dopo questa introduzione, è più facile intuire il senso di uno dei dibattiti più popolari e animati che pone al centro l’annoso quesito: 

I vegani possono dunque mangiare il Parmigiano Reggiano?

La prima risposta, negativa, trova una oggettiva motivazione nel primo dei due punti elencati all’inizio del nostro articolo: per produrre il Parmigiano Reggiano si utilizza caglio di natura animale

 Il caglio, detto anche presame, è un sistema di enzimi che risiede nel IV stomaco (abomaso) del vitello lattante, da cui viene estratto dopo l’abbattimento. La sua maggior componente è la chimosina, enzima preposto alla prima digestione del latte, che ne provoca la coagulazione. La chimosina reagisce con la molecola della caseina, dividendola in due nuove molecole di lunghezza simile fra loro. In termini di quantità, all’interno di una caldaia contenente circa 1.000 litri di latte (da cui nascono due forme di Parmigiano), si utilizzano circa 30/40 gr di caglio in polvere (un vitello ne produce circa 60 gr), in dose variabile a seconda del livello di acidità della miscela latte-siero innesto. Il caglio che utilizziamo al 4 Madonne Caseificio dell’Emilia proviene da fornitori locali.

La scelta di utilizzare caglio di origine animale, anziché di tipo vegetale o biochimico (non considerate alternative di pari livello) trova pertanto le seguenti motivazioni:

  • Il caglio animale porta a una resa maggiore del formaggio;
  • Consente una migliore fermentazione del formaggio nella fase di stagionatura, con conseguente liberazione di uno specifico aroma;
  • Conferisce caratteristiche speciali alla cagliata, che si trasformano poi nelle ben note proprietà organolettiche che definiscono la vera identità del Parmigiano Reggiano.

Sul fronte del benessere animale, invece, la risposta alla stessa domanda riferita alla relazione tra veganismo e Parmigiano Reggiano, potrebbe richiedere qualche riflessione in più.

Rispetto del territorio e impiego sostenibile delle risorse naturali

Il legame tra Parmigiano e territorio, infatti, è anticamente profondo e basato sul rispetto e sull’impiego sostenibile delle risorse naturali, dai foraggi alle bovine, e sulla valorizzazione delle biodiversità che, in alcuni casi, sono tutelate in veri e propri consorzi.

Il Parmigiano Reggiano viene prodotto con lo stesso metodo tradizionale da quasi mille anni e in questo suo lungo viaggio attraverso il tempo è riuscito a mantenere inalterata la sua unicità e genuinità.

Se anni fa la produzione era limitata e misurata al solo consumo locale e nazionale, con il boom delle esportazioni la sua produzione ha conosciuto un aumento esponenziale, che è stato supportato dall’inserimento di nuovi capi di bestiame, e non dall’estremo sfruttamento di quelli già esistenti, contrariamente a quanto sostengono alcuni detrattori.

Da secoli, dunque, il Parmigiano Reggiano viene prodotto con latte crudo che proviene esclusivamente dai territori limitrofi ai caseifici (ovvero la zona DOP del Parmigiano Reggiano che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna a sinistra del fiume Reno e Mantova a destra del fiume Po). Questo latte contiene una intensa e speciale attività batterica della flora microbica autoctona, tipica dei foraggi, delle erbe e dei fieni coltivati localmente e con cui vengono nutrite le bovine. Dall’alimentazione animale viene completamente eliminata la somministrazione di insilati, foraggi fermentati e conservati nei silos e di ormoni che favoriscano la lattazione, come chiaramente indicato nel disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano.

Inoltre, l’utilizzo di additivi è assolutamente proibito in tutte le fasi del ciclo di produzione. Ciò significa che non si effettuano mai interventi esterni come l’aggiunta di additivi enzimatici o di batteri da laboratorio, così da non alterare la naturale attività dei batteri. Solo il casaro, con la sua competenza ed esperienza, può intervenire manualmente sul metodo di lavorazione del formaggio, potendo così fare la differenza sul risultato finale. Se ne deduce chiaramente che sia materia prima che intero ciclo produttivo sono completamente orientati al benessere animale così come a quello umano, tanto che il Parmigiano Reggiano è considerato anche dai nutrizionisti un alimento estremamente sano ed estremamente nutriente a tutte le età, da 0 a 100 anni.

Tradizione, sostenibilità, filiera corta e rispetto per tutti gli esseri viventi rendono il Parmigiano Reggiano un prodotto caseario che, senza forzature, trova la sua ragion d’essere anche in quello spazio ristretto tra etica e filosofia, che non considera solo l’ineluttabile elemento “caglio animale” fine a sé stesso, ma lo colloca in un contesto più ampio e coerente con uno stile di vita che tiene conto di buona parte degli aspetti del veganismo sopra descritti, sulla base di scelte sane, razionali, sostenibili e sempre attuali.

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