Per rispondere immediatamente al quesito posto nel titolo del nostro articolo, diciamo pure che non è assolutamente corretto chiamare “grana” il Parmigiano Reggiano. Ora e sempre.

 

Ma, prima di fornire una motivazione più approfondita a questa affermazione, proviamo a raccontare quali sono i contesti “informali” in cui, a volte, questo termine viene utilizzato in modo improprio ma, comunque, in buona fede. 

 

Come già avevamo illustrato in un articolo sul nome del Parmigiano Reggiano pubblicato sul nostro blog, la lunghissima storia di questa eccellenza italiana non può prescindere da profonde contaminazioni dialettali che, attraverso i secoli, hanno definito il modo in cui questo formaggio veniva chiamato in determinati luoghi e situazioni.

 

A ciò si affianca anche un’altra lunghissima storia di eccellenza, quella del Grana Padano DOP, che nel tempo si è a tratti intersecata e a tratti sovrapposta nel linguaggio informale e familiare, a quella del Parmigiano (qui la differenza tra Grana Padano e Parmigiano). Da qui nasce la necessità di descrivere spesso, e in modo inequivocabile, le caratteristiche dell’uno e dell’altro prodotto caseario. 

 

 

Il termine “grana” usato per descrivere genericamente un formaggio stagionato

Tuttavia, capita non di rado che i commensali di una tavola imbandita si riferiscano al Parmigiano Reggiano, grattugiato e pronto per essere spolverato su un primo piatto fumante, come al “grana”, senza che ciò susciti alcun dubbio né perplessità.

 

È cosa ormai nota, infatti che il termine “grana”, nel linguaggio parlato attuale che comunque risente ancora delle influenze dialettali, descriva genericamente un formaggio stagionato, prodotto nella Pianura Padana, a pasta dura e granulosa, quindi facile da grattugiare e usato per esaltare il sapore, già intenso, dei piatti tipici della tradizione culinaria italiana.

 

Grana come ricchezza gustativa… ma non solo

Questo richiamo all’abbondanza e alla ricchezza gustativa rende ancora più immediato il forte collegamento tra il concetto di formaggio, assai saporito e sempre presente sul desco familiare, e quello di denaro e ricchezza. In effetti “grana” è un termine che ancora oggi, nell’italiano moderno, identifica il denaro e l’agiatezza di chi lo possiede.

 

Infatti, se una persona viene descritta, molto informalmente, come “uno con della grana”, si sta chiaramente facendo riferimento alla sua elevata disponibilità economica. Va anche ricordato che “grano” (o grana, al plurale) fu il nome dato ad alcune delle monete coniate nel Regno di Napoli e nel Regno di Sicilia. Prima fra tutte, una moneta ricavata da un pezzo di rame battuto e usata a Napoli per volere del Re Ferdinando I (1458-1484) il cui valore corrispondeva a 12 cavalli.

 

Grana come “seccatura “

Un altro significato altrettanto diffuso della parola “grana” è quello di seccatura, guaio, noia da cui la frase “piantare una grana”, ovvero causare un problema serio. È con un pò di ironia che lasciamo che quest’ultimo significato riconduca letteralmente a una disputa, oggi pacificamente risolta, tra i produttori dei due più famosi formaggi “a pasta grana” che, per i motivi sopra esposti, si sono contesi per anni la popolarità del nome, e non solo, sulle tavole di tutta Italia. Va chiarito che la questione è ormai risolta, allorché con il termine grana, si fa formalmente e ufficialmente riferimento al formaggio Grana Padano DOP, così come da regolari convenzioni e accordi europei ed internazionali.

 

Ed è proprio nel rispetto delle norme e delle convenzioni che, in qualità di produttori e venditori di Parmigiano Reggiano DOP, ci impegniamo ogni giorno a educare i nostri consumatori all’utilizzo corretto dei termini, consapevoli dei valori culturali, tradizionali, territoriali, storici, sentimentali ed economici che in essi sono contenuti.

 

Quindi, quando è Parmigiano Reggiano DOP, non chiamatelo “grana”.