Storia, territorio e sapore rendono il Parmigiano Reggiano DOP e il Pecorino Romano DOP due tra i formaggi italiani più conosciuti e apprezzati dai consumatori, sia del nostro Paese che del resto del mondo.

Pur distintamente caratterizzati, la loro incredibile versatilità in cucina li porta, a volte, a diventare l’uno l’alternativa dell’altro, col rischio però di confondere i loro tratti identitari, nel nome di un generico raggruppamento nei cosiddetti “formaggi forti”.

 

Parmigiano Reggiano con latte di mucca

Il Parmigiano Reggiano iniziò ad essere prodotto circa mille anni fa, in quell’area quasi tutta emiliana che si è gradualmente evoluta nella zona di Denominazione di Origine Protetta (DOP) e che oggi include le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (a sinistra del fiume Reno) e, sconfinando in Lombardia, anche la provincia di Mantova (a destra del fiume Po).

Fatto con latte di mucca (circa 550 litri per ogni forma), in parte intero e in parte scremato, siero innesto, caglio (di vitello) e sale, il Parmigiano Reggiano è un formaggio a pasta dura che deve il suo tipico sapore all’artigianalità del suo processo produttivo, rimasto invariato nel tempo, alla qualità della materia prima, raccolta in loco da animali nutriti con erba e fieno coltivati in zona, e alla prolungata stagionatura, che non può essere inferiore ai 12 mesi e arriva a toccare anche i 70 o 80 mesi.

È proprio durante il lungo periodo di maturazione che si verifica la proteolisi, ovvero la rottura delle proteine in peptidi, che conferiscono al Parmigiano Reggiano i principali tratti caratteristici che sono la base delle sue sfumature organolettiche, della sua incredibile salubrità e della sua elevata digeribilità, in parte riconducibile alla totale assenza di lattosio.

A fine stagionatura e dopo accurata espertizzazione, il Parmigiano Reggiano DOP si presenta con il suo tipico colore giallo paglierino, più chiaro nella polpa e più scuro nella crosta, con gradazioni cromatiche che variano a seconda della biodiversità (razza delle bovine da latte) e del periodo di maturazione. Il peso di una forma, che ha l’aspetto di una ruota piena, è compreso tra i 35 e i 40 kg, il diametro dei due piatti è di circa 40-45 cm e lo scalzo ha un’altezza di 22-24 cm.

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Pecorino Romano con latte di pecora

Nato oltre duemila anni fa, il Pecorino Romano DOP è anch’esso un formaggio a pasta dura, lavorato nelle regioni di Lazio, Sardegna e anche in Toscana, ma nella sola provincia di Grosseto. Prodotto con latte di pecora intero, raccolto in zona, inoculato con colture naturali di fermenti lattici locali e poi coagulato con caglio di agnello, il Pecorino Romano DOP ha una crosta sottile di color avorio, talvolta cappata di nero, e una polpa compatta e occhiata di colore bianco. Il peso di una forma varia tra i 20 e i 35 kg, i piatti hanno un diametro tra il 25 e 35 cm e lo scalzo è spesso tra i 25 e i 40 cm, conferendole il tipico aspetto cilindrico. Il suo periodo medio di stagionatura varia dai 5 mesi (formaggio da tavola) agli 8 mesi (adatto alla grattugia). L’assenza di lattosio è subordinata al prolungamento della stagionatura, che consente al lattosio di scindersi nei due zuccheri più semplici, glucosio e galattosio.

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Aspetto e sapore differenti

A prescindere dalle dimensioni, a differenza di un Parmigiano Reggiano DOP mediamente stagionato 24 mesi, quindi friabile, granuloso e solubile e con un armonioso equilibrio aromatico tra dolce e salato, il Pecorino Romano DOP si presenta, invece, più compatto e croccante e offre un sapore marcatamente più piccante, in modo più leggero nel formaggio da tavola, più intenso e deciso in quello da grattugia.

 

Proprietà nutrizionali

Trattandosi di due formaggi appartenenti a uno dei gruppi fondamentali degli alimenti, sia il Parmigiano Reggiano che il Pecorino Romano offrono un elevato valore biologico e sono preziosa fonte di amminoacidi essenziali, sali minerali (tra cui sodio, calcio e fosforo) e vitamine (soprattutto del Gruppo B), indispensabili per la salute.

Per quanto riguarda il contenuto di grassi, invece, a differenza del Parmigiano Reggiano che, oltre ai grassi saturi, contiene anche grassi monoinsaturi e polinsaturi, il Pecorino Romano ha grassi prevalentemente saturi, con un livello di colesterolo tendenzialmente più elevato.

In ogni caso, come già approfondito nel nostro articolo su colesterolo e consumo di formaggio, riteniamo corretto affermare che, sia per il Parmigiano Reggiano che per il Pecorino Romano, il consumo di una quantità giornaliera equilibrata e corretta sia essenziale per tenere sotto controllo eventuali conseguenze sulla salute del proprio corpo.

Ma tu ci metti il Parmigiano Reggiano o il Pecorino?

Ci sono ricette che nascono in un modo e nel tempo si trasformano in altro, arrivando a toccare sapori differenti, a volte inaspettati. La versatilità in cucina del Parmigiano e del Pecorino è tale da aver portato queste due eccellenze casearie italiane a tali livelli di interscambiabilità che alcuni puristi dell’arte casearia e culinaria ritengono essere quasi uno sfregio alla tradizione.

Proprio per questa varietà di utilizzo, risulta oggi quasi impossibile definire i confini precisi di impiego dell’uno e dell’altro formaggio. Tuttavia, volendo tentare di fornire un parametro oggettivo, possiamo consigliare di partire dalla regione di origine della ricetta da preparare, e da lì misurare la prossimità con la zona di produzione del formaggio che si desidera utilizzare.

Risulterà quindi più “naturale” impiegare il Pecorino Romano DOP in ricette popolari come gli spaghetti alla carbonara, all'Amatriciana, cacio e pepe, alla gricia, o gli gnocchi alla romana, sbilanciando invece l’impiego del Parmigiano Reggiano DOP per piatti più tipicamente emiliani, come le paste ripiene fatte in casa (tortellini, cappelletti, agnolini, tortelloni, tortellacci, ravioli ecc.) e le paste al forno, come lasagne, cannelloni e rosette.

Ciò detto, il vero valore intrinseco della cucina italiana è che non pone limiti a fantasia e creatività nell’utilizzo della materia prima. Se la scelta è tra due eccellenze casearie DOP come Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano, il rischio di fallire è pressoché nullo.